Elezioni di Milano: Sala e Parisi a confronto su giovani e cultura

Il secondo turno delle elezioni amministrative sta per arrivare e una delle sfide più interessanti e importanti, ma anche incerte, è senza dubbio quella di Milano. Si sono svolti numerosi confronti tra i due candidati alla poltrona di sindaco e in uno di questi l’oggetto è stato per me particolarmente atteso, e cioè cosa intendono fare concretamente Parisi e Sala (in rigoroso ordine alfabetico) per i giovani e la cultura. L’evento si è tenuto lunedì 13 al Circolo Filologico Milanese in via Clerici ed è stato organizzato da Hub, un’associazione giovanile che si propone di stimolare i giovani ad essere intraprendenti, offrendo loro la possibilità di approfondire tematiche di attualità grazie al confronto con grandi esperti di vari campi




Dopo i saluti introduttivi dei responsabili dell’associazione, Parisi ha dato inizio al suo intervento precisando che “l’astensionismo non è un problema esclusivamente italiano e una delle cause è che purtroppo la politica è autoreferenziale”, aggiungendo di “esser preoccupato soprattutto sul da farsi per diminuire l’astensionismo. ” Il candidato del centrodestra ha , quindi, spiegato di esser “convinto che la politica non è per forza candidarsi e fare il sindaco, ma è anche semplicemente quando ciascun cittadino esce dalla sfera individuale e ha un contatto con la comunità e capisce che il futuro dipende non solo dall’università o dalla capacità di trovare lavoro, ma anche dal contesto socio economico e, quindi, cerca di capirlo e condizionarlo… Ecco, quel cittadino, quel giovane sta, appunto, facendo politica, perché è nel contesto che bisogna lavorare, nei quartieri, a contatto con gli altri, prendendo coscienza dei loro problemi.Parisi ha affermato che “il tema centrale è come può fare la politica a ritrovare l’aggancio coi giovani in una campagna elettorale di qualità che ha sì arricchito, perché il confronto è stato civile, ma nella quale si è parlato poco a loro.” L’ex manager ha spiegato che secondo lui la politica non può rispondere in trenta secondi su temi importanti e complessi. “… a me piace ragionare e non parlare per slogan.” Sempre parlando dei giovani, ha continuato dicendo che “devono esser incentivate tutte le iniziative che ci sono dal punto di vista culturale, per poter attivare i giovani in un rapporto di indipendenza.Parisi ha terminato il suo primo intervento con un invito a loro rivolto: “dovete parlare con tutti e farvi la vostra idea, andare oltre e capire come si può fare perché Milano divenga una città orientata ai giovani. Comunque vadano le elezioni, mi piacerebbe interloquire con voi”.

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Nel secondo suo intervento Parisi ha sostenuto che “il problema è che a Milano le istituzioni culturali sono molto autoreferenziali”, per questo il suo progetto prevede di “provare in tanti ambiti (musica, design, moda..) a lavorare per far diventare la metropoli il luogo per eccellenza dell’arte contemporanea. Ciò vuol dire che dobbiamo far emergere tutto ciò che non è esposto. Ci sono, infatti, collezioni di privati non esposte e dobbiamo trovare il luogo perché ciò avvenga. Il principio fondamentale è che la cultura è libertà totale e non ci devono essere confini e intolleranze… Il sistema scolastico e universitario rischia di tarpare i talenti… Riguardo alla musica, bisogna trovare un luogo di produzione e stessa cosa vale per l’arte e la cultura, ambiti dove, se non si entra in alcuni canali, è complicato emergere. Bisogna, inoltre, liberare gli spazi vuoti presenti a Milano.
Parlando, poi, di Expo, ha ribadito il suo pensiero, spiegando che “l’idea originaria di Prodi e della Moratti era quella di discutere di alimentazione, della cultura dell’alimentazione e del futuro della stessa, ma si è verificata, invece, una grande sagra di paese.Parisi ha, però, riconosciuto che, grazie ad Expo, si è firmata la carta di Milano, di cui ha parlato nei giorni corsi anche Livia Pomodoro sul Corriere della Sera, e ha detto che “l’alimentazione è cultura, anzi il luogo dove le culture dove si integrano.” A questo punto l’ex manager ha parlato anche della moda, definita sì “fiore all’occhiello” per la città, ma definendo anch’essa “autoreferenziale” per cui ha sostenuto di “liberare i talenti dalla loro solitudine“.

Ha preso, quindi, la parola Zecchi, scrittore, giornalista, accademico ed ex assessore (dal 2005 al 2006 nella giunta Albertini nda). “Milano deve vincer la sfida con la contemporaneità. Tutto ciò che c’entra con la contemporaneità ha una funzione propedeutica, e non solo per i giovani. Per esempio l’arte contemporanea dovrebbe aver un nome e ho già pensato ad uno possibile, Arte Ventuno, in riferimento al ventunesimo secolo.Zecchi ha, poi parlato di un altro progetto che ha in testa, la “biblioteca europea, che ha già un budget finanziato e un progetto condiviso sull’esempio del MAXXI a Roma, perché questi sono i luoghi dove si possono creare momenti di dibattito per i giovani che in gran parte non credono più nella possibilità di discuter dei veri temi.” Il filosofo ha affermato che “un giovane vuole confronto soprattutto su tre temi: le fonti energetiche, l’ingegneria genetica e la confusione dei popoli”. Zecchi ha chiuso il suo intervento con un’autoaccusa: “la vera responsabilità è nostra, perché non cerchiamo i giovani. Non sono loro ad essere menefreghisti, non è affatto vero che si disinteressano della vita politica. Ricordiamoci che il futuro è dei giovani, loro sono il futuro della nostra società e Milano deve costruire un nuovo modo di stare insieme.

Rispondendo alle domande del pubblico, riguardo al rapporto, non sempre facile, di certi eventi con i residenti, Parisi ha constatato che “a Milano manca, ad esempio, un palazzo della musica e bisogna trovarlo, in modo che non vengano più occupati spazi troppo vicini alle case o ai condomini. Il confine è la libertà tra chi vuole tranquillità e chi vuole fare eventi.” L’ex manager ha affermato che” ci deve essere massima libertà, la politica deve promuovere la cultura, ma non condizionarla.




È stato, quindi, il turno del candidato del centrosinistra, Beppe Sala, che ha esposto la sua idea sull’astensionismo a Milano, che secondo lui “ è dovuto a due fattori: innanzitutto, per molto tempo io e Parisi siamo stati ingabbiati nella dimensione di due manager e poi, quando a differenza di Roma è stato chiaro chi sarebbe andato al ballottaggio, molti se la sono presa comoda, considerando decisivo solo il secondo turno”. Mr. Expo ha parlato, poi, delle periferie (zone in cui al primo turno è stato battuto da Parisi nda), dicendo che “ è uno dei capisaldi del programma e le chiacchiere stanno a zero, perché io ho proposto che il primo disinvestimento di patrimonio del Comune sarà proprio reinvestito in edilizia residenziale nelle periferie e nella cura della città”. Sala ha quindi toccato il tema ambientale, confermando l’idea di portare la metropolitana fuori da Milano e riprendendo il progetto della riapertura dei Navigli, definita “non uno sfizio, ma un disegno rivoluzionario che si scontra col fatto che servono fondi anche a livello europeo. Se arrivassero, sarebbe un’operazione che avrebbe un senso, perché pesca nella storia culturale del territorio, nel senso che la nostra ricchezza deriva dal fatto che gli antenati hanno saputo ammaestrare le acque.” Quanto all’immigrazione, Sala ha affermato che “Milano ha la sua forza nell’essere una città aperta. A differenza dell’idea dominante a Roma, qui chi arriva deve essere partecipe della trasformazione della città, attraverso un minimo comune denominatore molto chiaro: il lavoro. Questo senso del coinvolgimento è importante e tutto ciò parte da chi viene a studiare a Milano.” A questo proposito, il candidato del centrosinistra ha preso come esempio Londrache sa far bene la promozione per attrarre talenti, investimenti e turismo”, spiegando che da un lato, si devono fare richieste chiare alle università, ma dall’altro, come sistema pubblico, si deve fare concretamente qualcosa.” Al riguardo, Sala è sceso nel dettaglio, illustrando cosa intende: “Bisogna chieder agli atenei di esser più integrati tra di loro, come accade a Londra, dove le principali università hanno fatto sistema comune per attingere ai fondi e per esser veicolo di nascita delle startup. Inoltre, senza il concetto di campus universitario, non si va da nessuna parte, anche per risolvere il problema del caro affitti e della socialità. Penso, per esempio, alla Bocconi che sta ultimando i lavori nell’area vicino alla centrale del latte, al Rettore della Cattolica che ha annunciato che investirà ottanta milioni per il campus, mentre la Statale ha l’idea di sfruttare l’area Expo. Chiedo, perciò, di affrettare i lavori.” L’ex manager ha, poi, affermato con rammarico che “anche nella magnifica e moderna Milano, non c’è molta connessione tra il mondo delle imprese e quello delle università. Bisogna fare di più e trovare le modalità per favorire il dialogo.” A questo proposito, Sala ha spiegato cosa può fare il sistema pubblico: “Credo che la pubblica amministrazione debba fornire la possibilità di fare stage, perché non è certo brutto lavorare nel pubblico, semmai può essere difficile! Lo stage offrirebbe strumenti in più per capire, e quindi decidere, se lavorare nel pubblico può avere un senso o se, viceversa, esiste solo il privato.” Il candidato del centrosinistra ha parlato della proposta di una “carta bianca dei giovani, carta unica per i minori di 26 anni che faciliti l’ingresso nei musei e teatri e uso dei mezzi pubblici, una carta d’identità, quindi, che aiuti i giovani sull’esempio, anche stavolta, di Londra. Bisogna trovare una formula che metta questo mondo, quello giovanile, al centro dei servizi con più facilità”. Sala ha illustrato un’altra proposta, la “carta bianca spazi, perché essi sono qualcosa di fondamentale e identificativo. Alla fine, a mio giudizio l’Expo è stata un’operazione straordinaria; se Parisi la definisce una fiera di paese, un po’ mi offende, ma fa niente. Rimane il fatto che la magia dell’Expo è derivato dal fatto che i Paesi portavano lì i loro saperi, ed Expo era un luogo, anzi nella sua costruzione si è immaginato qualcosa che fosse identificabile. I luoghi hanno un impatto straordinario, basti pensare alla Darsena che è un luogo d’identificazione.” Allora, cosa bisogna concretamente fare? “Bisogna prendere gli spazi che sono vuoti per affitti insostenibili e darli gratuitamente a chi accetta la sfida, a chi vuol fare qualcosa per sé e per la collettività…. Bisogna poi pensare al dialogo col mondo del lavoro e al fatto che è indecente tutto questo nero sugli affitti…Sala è tornato, quindi, sui giovani che ritiene “una risorsa per la città” e ha spiegato la scelta di Linus. “Ho pensato che poteva essere importante che nella mia squadra ci fosse qualcuno che coi giovani dialoga e li conosce più di altri, me compreso. La volontà nostra all’ascolto verso i giovani c’è eccome, anche perché siamo consapevoli che non è stato fatto abbastanza. Milano, inteso come ascensore sociale, è al centro della mia politica”.

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A questo punto ha preso la parola l’ex assessore Del Corno che ha rivendicato l’azione svolta nella giunta Pisapia, affermando che “l’offerta culturale di Milano è pari a quella delle altre grandi città europee, ma bisogna migliorare sul piano della accessibilità.Del Corno ha apprezzato l’idea di Sala della carta giovani perché “tutto va unito in unico quadro e l’offerta deve essere, appunto, accessibile e dedicata a loro. Bisogna far in modo che l’amministrazione comunale sia facilitatrice dei processi dei giovani, creando una serie di elementi che sburocratizzano l’approccio alla macchina comunale e facilitano il lavoro del terzo settore, garantendo la sua autonomia e indipendenza.” Anche secondo lui “i luoghi sono importantissimi per la caratterizzazione, alcuni li abbiamo trasformati con una funzione sociale attraverso un atto amministrativo.” In chiusura, Del Corno ha detto che è “fondamentale capire l’intreccio tra giovani e cultura e comprendere che la cultura genera lavoro, al contrario di ciò che sosteneva un ex Ministro dell’economia (Con la cultura non si mangia: di Tremonti questa infelice affermazione, nda). C’è bisogno di azioni simboliche e per questo ho proposto di istituire un Premio Oscar dell’editoria a Milano, un grande evento simbolico che racconti la potenza della cultura e per far sì che a Milano la cultura e il lavoro dei giovani in campo culturale diventino un importante motore economico. Ho apprezzato, infine, l’invito di Zecchi…a rifletter sulla confusione dei popoli. Milano ha davanti una grande sfida: essere la città dove la differenza di cultura possa generare la cultura delle differenze. Se Milano sarà all’altezza di questa sfida, sarà davvero una città europea




E, infine, tornato a parlare Sala, affermando che “dovremmo sforzarci di più per sburocratizzare le regole con cui si avviano gli eventi. Oggi stiamo perdendo un sacco di opportunità, perché ci sono imprese che muoiono sotto i tempi della burocrazia. Bisogna fare di più fino a immaginare un sistema di autocertificazione, bisogna stimolare chi ha voglia di creare momenti di aggregazione, affinché non si perda d’animo.
Rispondendo alle domande del pubblico, il candidato del centrosinistra ha sostenuto che “il Comune può aiutare, dando, per esempio, al turismo il peso giusto. Quanto ai giovani, c’è un vizio congenito: si parla di voler sostenere le nuove iniziative,come le startup, ma nella pratica si vede quanto è difficile farlo.”
Riguardo ai giovani in politica, Mr. Expo ha così argomentato: “Se trovo un giovane di 25 anni che ha qualità, esperienza e disponibilità di abbandonare ciò che fa e vuole venire a lavorare in politica, sono più che contento, ma non nascondiamoci dietro le false verità. Bisogna fare un percorso, perché non si arriva a cento da zero. E i giovani guardano con una certa titubanza alla politica: se andassi a dire a un giovane di far l’ assessore, al 98% mi direbbe se sono matto. Ecco perché ho pensato a Linus come ruolo di facilitatore, appunto perché conosce i vari volti di una realtà distante dalla politica.

Complessivamente, dal confronto è venuta la conferma che sono entrambi buoni candidati, preparati, con una visione chiara su quello che deve essere Milano. Entrambi sono consapevoli che non si devono rimandare oltre alcune importanti decisioni e che i giovani sono una ricchezza, ma vanno aiutati, stimolati e coinvolti.
Sala ha dimostrato di avere idee più chiare, o forse, le ha chiarite meglio, scendendo maggiormente nel dettaglio e spiegando concretamente cos’ha in programma di fare nei vari ambiti. Dalla sua, ha senz’altro una dialettica che non conosce ostacoli e che trasmette sicurezza su quanto via via va esponendo.
Per chiudere, non credo abbia senso dire “Vinca il migliore”, forse è più consono augurare a MilanoVinca la coalizione migliore”! Questo sì è importante non sottovalutare.
Da milanese nel cuore, mi auguro che i milanesi a tutti gli effetti si rechino alle urne e scelgano non per far dispetto a qualcuno, ma per fare il bene di questa grande e bella città che merita veramente il meglio.