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Coronavirus: in mezzo al dramma voci di speranza (quarta parte)

Dopo l’emergenza sanitaria, che comunque non è ancora del tutto conclusa, si sta diffondendo quella socio economica, altrettanto rilevante. Torno, quindi, ad occuparmi delle conseguenze del coronavirus con altre tre testimonianze dove non manca la speranza. E oggi, vigilia dell’inizio della fase tre, la speranza è proprio il sentimento dominante in tutti noi.

Jessica Tenca di Spineda (CR)cantante su navi da crociera, si trovava in Svezia quando è scoppiata l’emergenza. (intervistata il 6 Maggio.)
Come sta vivendo questo periodo?
Devo dire che per quanto mi riguarda, a parte un piccolo senso di libertà che aleggia nell’aria, per me non è cambiato molto. La mia famiglia ha un negozio di alimentari, quindi non mi sono certa potuto concedere alcun tipo di pausa! Ho lavorato duramente dando loro una mano con anche la gestione di due persone disabili, una totalmente inferma (i miei nonni materni)! Ho la schiena distrutta e ho paura di rimanere bloccata; ma nella disgrazia di tanti, noi siamo stati fortunati. Noi non ci siamo ammalati, stiamo bene e siamo riusciti a rimanere tutti uniti! Io tendo ancora a non uscire e mi arrabbio per la gente che sembra non curarsi dei divieti e, soprattuttodella vita altrui.

Cosa pensa delle misure adottate dal Governo nel corso di questi mesi e dalla Svezia?
Io preferisco non parlare mai di politica, ma sono felice delle restrizioni che ha preso l’Italia rispetto ad altri paesi. Per quanto riguarda la Svezia, è stata purtroppo una delusione per le decisioni che non ha voluto prendere. Sono anni che lavoro per quel Paese e si era sempre dimostrato all’altezza di ogni aspettativa! Non capisco ancora perché non abbiano preso queste decisioni, anche alcuni miei amici italiani, che vivono da anni in Svezia, sono rimasti delusi. Non solo, la Svezia ancora oggi non si rende conto di cosa abbia voluto dire per noi il coronavirus, che è stata una vera tragedia. Secondo il nostro sentire di popolo, una persona deceduta costituisce un vero dolore, per loro certamente no. Sono un popolo freddo e calcolatore. Io li adoro, ma hanno poco cuore!

Ritiene che questa triste esperienza ci stia insegnando qualcosa? Cosa si porterà dentro?
Questa è una bella domanda. Personalmente non mi sono mai sentita obbligata a rinchiudermi in in casa, come penso tanti altri italiani. Però sono stata bene, ho vissuto appieno la vita in famiglia che oramai mi capitava molto raramente, dovendo lavorare all’estero per tanti mesi. Mi è mancato tantissimo il mio compagno, che non sto vedendo tuttora perché si trova in Piemonte!
E se devo rispondere alla domanda di che cosa mi porterò dentro in senso negativo direi la lontananza dai miei affetti, dai miei amici, ma soprattutto dalla mia musica. Mi manca molto il contatto con il pubblico, l’esibirmi di fronte alla gente e mi capita di piangere quando sento cantare qualcuno che mi entra nel cuore. Spero, però, che quello che è successo in questi mesi possa far riflettere tanta gente sull’importanza dell’attenzione reciproca, degli affetti, del lavoro, e soprattutto che tutti abbiano imparato a non dare niente per scontato. Ma noi italiani siamo anche famosi per dimenticarci in fretta di tante cose e dei buoni propositi. Per cui, non credo che tutti capiranno quanto può essere importante far uscire del buono anche da una terribile esperienza come quella che abbiamo vissuto (uso il passato perchè voglio sperare che il peggio sia ormai alle spalle.)

Carolina Pinotti di Forte dei Marmi, titolare con la famiglia dell’azienda di abbigliamento omonima
Come sta vivendo questo periodo?
Difficile e doloroso ritornare col pensiero a ciò che è accaduto. Ci siamo ritrovati, da un giorno all’altro, costretti a cambiare stile di vita. Sono stati mesi difficili, sia dal punto di vista umano che da quello economico. Ho un’azienda con sei negozi: a Forte dei Marmi, due a Milano, a Cortina d’Ampezzo, a Courmayeur e l’ultimo, a Saint-Tropez, aperto poco prima che scoppiasse la pandemia. Come si può immaginare, non è stato facile affrontare questi mesi, sotto ogni punto di vista.

Cosa pensa delle misure adottate dal Governo nel corso di questi mesi?
Per quanto riguarda le norme, non credo siano state del tutto eque ed efficaci, soprattutto per la categoria liberi professionisti/imprenditori. Devo riconoscere, però, che purtroppo ci siamo trovati in una situazione del tutto anomala, difficile da gestire.
Credo che il popolo italiano sia stato esemplare di fronte a questa pandemia. Personalmente ho visto chiudere molte attività ancora prima del lockdown imposto dallo Stato, noi compresi abbiamo preso, anche se a malincuore, questa decisione. La maggior parte degli italiani ha dimostrato fiducia e spirito di collaborazione nei confronti dei decreti via via emessi, anche se poi, purtroppo non ho ancora visto la giusta riconoscenza da parte del governo.
In particolare mi è piaciuto molto l’atteggiamento e la presa di posizione che il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha saputo intraprendere nei confronti del Covid-19, assumendosi tutte le responsabilità del suo operato.

Qual è la prima cosa che ha fatto finito il lockdown?
Adesso siamo passati finalmente alla fase 2, lunedì 18 maggio abbiamo potuto riaprire tutti i nostri punti vendita. Abbiamo sanificato tutti gli ambienti, ci siamo procurati tutti i dispositivi necessari (guanti, mascherine, gel igienizzante, spray per purificare l’aria ecc) in modo da garantire una totale sicurezza, sia al nostro personale che ai nostri amati clienti.
Ricominciamo lentamente a riprendere la nostra quotidianità e le nostre abitudini. La paura oggi è ancora tanta, in quanto vi è una grande incertezza sul divenire. Spero per tutti noi di tornare il prima possibile alle nostre vite, alla nostra normalità ma, per fare questo, non dobbiamo dimenticarci di adottare le giuste precauzioni, seguendo le indicazioni che ci vengono date per non vanificare i sacrifici che abbiamo tutti affrontato.

Ritiene che questa triste esperienza ci stia insegnando qualcosa? Cosa si porterà dentro?
Questa esperienza sicuramente ha fatto riflettere molto su come bisognerà migliorarsi nelle nostre abitudini, sull’importanza di avere maggiore rispetto per noi stessi, per gli altri e per l’ambiente in cui viviamo. Penso abbiamo finalmente capito che si deve dedicare più tempo alle cose davvero importanti della vita, come la famiglia, i propri cari. Inconsciamente, presi dal lavoro e dalla frenesia della vita, li trascuravavamo sempre di più.
Un’immagine a me cara, che voglio diventi una bella abitudine, è un pranzo felice con tutta la mia famiglia: un momento semplice, ma che in verità è tutto tranne che scontato. Questi sono i veri valori della vita e non ce ne dobbiamo dimenticare.

Cristina Minazzoli di Varallo (Vc) segretaria dell’Associazione Culturale Valsesia Musica. (intervistata il 22 Maggio).

Come sta vivendo questo periodo?
Mi muovo con estrema cautela, molto timore e nutro grande incertezza per il futuro.

Cosa pensa delle misure adottate dal Governo, in particolare le più recenti?
Temo siano insufficienti: il comparto culturale di mia pertinenza è tra i più svantaggiati e sarà molto arduo rimetterlo in moto. In ogni caso non me la sento di criticare più di tanto un governo che si è trovato a gestire improvvisamente la peggior catastrofe della storia repubblicana.

Qual è la prima cosa che ha fatto finito il lockdown?
So che è una sciocchezza ma lo devo ammettere: prenotare la parrucchiera. Mi sono concessa un momento di normalità, perché avevo bisogno di “leggerezza.”

Ritiene che questa triste esperienza ci stia insegnando qualcosa? Qual è l’immagine più bella che si porterà dentro?
L’illusione solidale della prima ora è svanita presto. Ho la fondata impressione che questa drammatica esperienza a molti non abbia insegnato nulla, anzi temo abbia scatenato ulteriormente il peggio di noi. Mi viene da pensare all’indegna reazione alla liberazione di Silvia Romano.
Oltre all’abnegazione del personale sanitario, l’unica immagine positiva che ricorderò saranno le limpide acque del fiume Sarno, pulite dal lockdown e ahimé tornate come prima, non appena sono state riaperte le fabbriche.

Grazie a Jessica, Carolina e Cristina che ci hanno offerto testimonianze importanti di chi ha visto stravolta la propriavita lavorativa, ma guarda con speranza al futuro. Abbiamo tutti voglia di “normalità”, perché non ci siamo mai resi veramente conto di quanto sia bella, finché le nostre giornate “normali” non sono state sconvolte e la “normalità” è venuta meno.